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giovedì 1 ottobre 2015

Kaleidoscope al Chiostro di Saronno (VA) dal 24 ottobre

Mostra                                 Kaleidoscope
Artisti in mostra              Arcangelo, Davide Bramante, Marco Di Giovanni, Francesco De Rocchi, Jorge Eielson, Andrea Facco, Debora Hirsch, Iaia Filiberti, Lucio Fontana, Ferdinando Greco, Lelli e Masotti, Uliano Lucas, Paola Mattioli, Ugo La Pietra, Franco Marrocco, Jorunn Monrad, Christian Quijada, Alessandro Savelli              
Risultati immagini per kaleidoscopeLuogo                                   Saronno, viale Santuario 11
Periodo                               da 24 ottobre 2015 fino al 16 gennaio 2016 (finissage)
Orario                                  da martedì a venerdì 10/12.30 – 16/18.30
                                               Sabato 10/12.30 – domenica su appuntamento
Info                                       www.ilchiostroarte.it -  telefono 02 9622717

Kaleidoscope, la mostra che apre la stagione del Chiostro arte contemporanea prende spunto dalla magia delle forme e dei colori che si formano spontaneamente e meravigliosamente nel caleidoscopio.
Strumento fluido e creativo il caleidoscopio genera senza fine immagini sorprendenti ottenute dal movimento di frammenti singoli che si intersecano, si sovrappongono, si specchiano nel cilindro cannocchiale, una metafora che calza perfettamente con la scelta degli artisti in mostra, in cui il filo conduttore è quello delle forme e delle cromie dominanti in ciascuno dei protagonisti.
Centrale in questa esposizione in corso fino a gennaio 2016 è l’opera di Andrea Facco RDP, un tondo multicolore e dinamico, un vortice di colori diversi che ruota su se stesso espandendo pura energia.
  
Andrea Facco rdp scotch su legno, diam cm 180, anno 2013

L’opera è realizzata con i resti di nastro adesivo che l’artista recupera dalle schermature usate nella lavorazione degli altri dipinti. L’approccio di Facco è da tempo ritenuto uno dei più interessanti nella odierna concezione della pittura, un concettuale recupero degli strumenti e delle abilità speciali del Pittore, per farne con ironia e spirito critico, un mezzo di indagine metalinguistico.

          
Lelli e Masotti, teatro alla Scala, 1992, pigmented fine art giclée cm 60x50

Da questo centrale lavoro “manifesto” la mostra si srotola in una carrellata di autori e opere dai quali emergono sontuosi i rossi del Teatro alla Scala nelle fotografie di Lelli e Masotti, da anni interpreti attenti e colti del mondo teatrale e musicale, e i gialli degli scoppi di Dalmine di Paola Mattioli, che ha ritratto con lucidità il processo di fusione della centrale siderurgica insieme ai suoi artefici. Un reportage privo di retorica, ma epico. 

La tematica espositiva ci conduce a ritrovare due Principi del monocromo, Lucio Fontana nato in Argentina e Jorge Eielson di origine peruviana; Pierre Restany dichiarava in un testo degli anni novanta in cui trattava dei due artisti a lui cari: “collocati fianco a fianco sullo stesso piano, un “quipus” e un “taglio” possono in effetti apparire come il positivo e il negativo dell’unico gesto d’intervento concepibile (moralmente) nello spazio monocromo infinito di Yves Klein”. Il nodo di Eielson e il taglio di Fontana sono elementi esclusivi di un linguaggio che sintetizza la forma assoluta nel colore.
    
 Jorge Eielson, Quipus azzurro, diam cm 81, acrilico su tela su legno

Dal grado zero di questi due punti fermi l’esposizione si apre in un ventaglio di variabili stilistiche e di ricerca: la gestualità pittorica e il sentimento di Arcangelo si imprimono forti sulla grande tela grigia “Viaggio di luna”, un concentrato di arcaica poesia che sfida una seconda opera di importanti dimensioni come “Il lago, la montagna e la luna”, in cui domina, profondo, terribile, il nero di Ferdinando Greco.

La sala risuona di clangori di una battaglia fra titani del fare pittorico, che si stempera e si rasserena nelle trasparenze liquide di due artisti dell’informale lirico come Franco Marrocco del quale sono in mostra tipici suoi blu marini e Alessandro Savelli che presenta una composizione di carte in cui il colore esprime le sue più felici modulazioni. Si inserisce in questo momento di distensione il Rosa, tenue, spirituale, del maestro del Chiarismo Francesco De Rocchi, che ha usato, nei primi del novecento, una materia pittorica che è una materia-luce biancorosata, raddensata in una fitta stenografia che non dimentica tematiche esistenziali.
    

Alessandro Savelli, un cielo raccontato, 2013tecnica mista su carta cm 168x192

Il fronte concettuale di questa mostra che si snoda per tappe cromatiche è rappresentato dal verde inteso come verde pubblico di Ugo La Pietra: i fotomontaggi, gli acquerelli e le ceramiche della serie “il verde risolve” presentata in primavera proprio nelle sale del chiostro, ci indicano  una strada critica  - e ironica -  per comprendere come il verde, nelle sue forme impreviste e spontanee, ci sveli la natura del luogo, di uno spazio, la sua tavolozza cromatica, insieme ai reali processi formali dell’uomo. Nelle interpretazioni dell’artista si configurano nuovi paesaggi plastici e nuovi traguardi visivi perché il tema della trasformazione nella città contemporanea (e del suo declino) è un tema importante. Lo stesso scelto da Uliano Lucas, che per questa occasione ha selezionato alcuni scatti tra i più celebri del suo archivio. In questa mostra dedicata al colore non poteva mancare, infatti, uno dei cavalieri del bianco e nero di reportage.
     
Ugo La Pietra, Verde in città, 2013 acquarello su carta

      
Marco Di Giovanni, Bon Voyage, 2004, valigia, lente, maquette, dispositivo illuminante

Una sequenza  di opere di giovani artisti completa questo percorso in cui visioni inaspettate emergono dalle opere: così è nelle valigie con spioncino di Marco Di Giovanni, o nelle superfici di Jorunn Monrad, che riprende ossessivamente un modulo (una lucertola stilizzata, tipica delle leggende norvegesi) che genera e si rigenera, muovendosi sinuosamente sulla superficie del quadro, così che l’azione dell’artista è da paragonare alla ricerca informatica circa i pixel  grafici o i files di un software pirata.
     
Jorunn Monrad, The hidden-the darkness,  2004, acrilico su tela, cm 70x70

Proprio i pixel si dilatano nei ritratti di criminali che Debora Hirsch ha ripreso dalle schede della polizia brasiliana; ne derivano immagini astratte, in cui i soggetti non esistono, sono "persi", sono ragazzi"perduti". La vibrazione della superficie digitale si ritrova anche nei paesaggi onirici del peruviano Christian Quijada, che punteggia le sue vedute di elementi mobili: tutte le opere si allontanano dalla staticità di una pittura tradizionale e diventano qualcosa di diverso, definendo un linguaggio fluido, liquido, così che Iaia Filiberti sceglie per questa mostra una sua Pepita, in versione Ofelia, che emerge dall’acqua tinta di rosso sangue, con boccaglio e maschera “ salvavita”, una figura mitica, sprezzante, ironica E MAI rassegnata alla minaccia degli squali che intorno le nuotano.
   
Iaia Filiberti, Pepita martire, 2014, tecnica mista su cartoncino

La mostra trova la sua ideale chiusura e soluzione in una delle composizioni fotografiche di Davide Bramante, primo e straordinario interprete della multipla esposizione, capace di unire in una sola immagine numerosi particolari, dove dettagli di centri abitati, vedute urbane e prospettive aeree sono sovrapposti e assemblati con naturalezza in differenti prospettive. Ogni fotografia ne racchiude un’altra, e un’altra ancora, in una visione simultanea e sincronica, dove il particolare si perde nell’universale e viceversa, per sovrapporsi e confondersi all’infinito.
http://www.ragusanews.com/immagini_articoli/25-07-2013/1396119600-il-grande-fotografo-davide-bramante-ospite-della-photogallery-di-ragusanews.jpg      
Davide Bramante, Madrid Parc del Retir
 

Grande mostra > Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga > 2 ottobre 2015 - 28 febbraio 2016 > Palazzo Albergati, Bologna


Brueghel. Capolavori dell'arte fiamminga
2 ottobre 2015 - 28 febbraio 2016
Palazzo Albergati, Bologna



Dopo l'affermato e importante successo della prima mostra dedicata al genio olandese Escher visitata da oltre 175.000 persone, Arthemisia Group prosegue il suo lavoro nelle sale di Palazzo Albergati con un nuovo progetto all'insegna dell'arte, questa volta fiamminga: la mostra Brueghel. Capolavori dell'arte fiamminga ripercorre la storia, lungo un orizzonte temporale, familiare e pittorico di oltre 150 anni portando a Bologna i capolavori di un'intera dinastia di eccezionale talento attiva tra il XVI e il XVII secolo.

Brueghel, nome di una famiglia diventata nei secoli passati marchio di eccellenza nell'arte pittorica, comprendeva la più importante congrega di artisti fiamminghi a cavallo tra il XVI e XVII secolo interpreti dello splendore del Seicento.
La stirpe che ha meravigliato il mondo con dipinti giunti fino a noi grazie alla preziosità di questi manufatti nota fin dal Seicento, è in mostra a Palazzo Albergati con opere di Pieter Brughel il Vecchio - La Resurrezione (1563 ca) -, Pieter Brueghel il Giovane - Danza nuziale allʼaperto (1610 circa) -, Jan Brueghel il Vecchio - Paesaggio fluviale con bagnanti (1595 - 1600), Jan Brueghel il Giovane - Incontro tra viaggiatori (1630 circa) -, Abraham Brueghel - Grande natura morta con frutta in un paesaggio (1670) -, Ambrosious Brueghel - Natura morte con fiori (1660-65) in un'esposizione che analizza la rivoluzione realista sulla pittura europea nata dal genio della famiglia Brueghel, che ha influenzato, attraverso lo sguardo degli stessi inventori, i grandi temi della storia dell'arte occidentale.

Con il patrocinio del Comune di Bologna, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group, nelle sale di Palazzo Albergati dal 2 ottobre 2015 al 28 febbraio 2016, a cura di Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider Direttore del Paderborn Städtische Galerie in der Reithalle.
La mostra vede come sponsor Generali Italia, partner dell'iniziativa Trenitalia e sponsor tecnico UNA Hotels & Resort.
L'evento è consigliato da Sky Arte HD.
Catalogo edito da Skira.

LA MOSTRA
La mostra vuole essere un viaggio appassionante nell'epoca d'oro della pittura fiamminga del Seicento alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare coralmente - come mai nessuno né prima né dopo di loro - lo stile e le tendenze di oltre un secolo di storia dellʼarte.
Mentre il Rinascimento italiano concentra l'attenzione sull'ideale nobile e virtuoso della figura umana e attraverso l'esperienza di Michelangelo, Leonardo e Tiziano ne esalta la grandezza e le virtù, nelle Fiandre la prospettiva cambia radicalmente.
Pieter Brueghel il Vecchio, il capostipite della famiglia che ben conosce e apprezza la pittura italiana, si dedica alla realtà quotidiana della vita umana, ne indaga tutti i suoi aspetti senza escludere quelli più crudi e realistici, si sofferma sulle ombre e sui vizi dei contadini e dei mercanti, sulla fatica del vivere ma anche sull'allegria popolare spesso sguaiata e rozza come nella Danza nuziale all'aperto (1610 circa) di Pieter Brueghel il Giovane.
Un occhio puntato impietosamente sulla vita per come effettivamente si svolge, sulle opere di carità, ma anche sulle debolezze e sulle miserie quotidiane che riguardano tutti, è quello ad esempio de Le sette opere di misericordia (1616-18 circa) di Pieter Brueghel il Giovane.
E se nel Rinascimento italiano la natura deve limitarsi a essere uno sfondo rispetto alla magnifica superiorità plastica ed estetica dell'uomo, nella pittura fiamminga - nello stile di Brueghel - la Natura assume pienamente il ruolo di vera protagonista della storia umana e viene rappresentata con una ricchezza visiva, una cura nel dettaglio e una bellezza compositiva mai vista prima nella storia della pittura come nella minuziosa e dettagliata Grande natura morta con frutta in un paesaggio (1670) di Abraham Brueghel o nell'incantevole Allegoria dei quattro elementi (1630-35) di Jan Brueghel the Younger e Hendrick van Balen.
Una Natura forte e vigorosa, che sovrasta l'uomo, spesso succube e sottomesso di fronte alla sua potenza. Pieter Brueghel il Vecchio, e dopo di lui tutta la sua ricca discendenza, è l'inventore di un codice pittorico che ben presto diventa un marchio, una sorta di "brand" dell'articolata famiglia che a partire dalla metà del Cinquecento sarà attiva per oltre due secoli.
In mostra anche un'importante selezione di artisti - da Frans de Momper a Frans Francken, da Hendrick van Balen a Joos de Momper, a molti altri che hanno collaborato a dar vita a una delle pagine della storia dell'arte più ricche, articolate e affascinanti - insieme ai membri della famiglia Brueghel, veri maestri del dettaglio e specialisti nella pittura di animali, di fiori, di oggetti.

Prima sezione - Il giudizio morale, tra salvezza e condanna
Il percorso della mostra parte dalle Fiandre della metà del Cinquecento per sottolineare il dialogo tra la fantasia morale e visionaria de I Sette peccati capitali di Hieronymus Bosch (1500 circa) e la pittura di Pieter Brueghel il Vecchio, capostipite della più importante famiglia di artisti fiamminghi del XVI e XVII secolo e presente in mostra con La Resurrezione del 1563.
Lo sguardo di Brueghel si posa su un'umanità semplice, libera ma al tempo stesso schiava dei bisogni, in continuo movimento tra le tendenze spirituali alla virtù e le seduzioni carnali del vizio.
 
Seconda sezione - La natura regina
La rivoluzione copernicana della pittura fiamminga non considera l'uomo quale centro dell'universo ma lo porta a essere parte di un mondo più forte e complesso. Anche per gli effetti della Riforma protestante e delle teorie calviniste, l'attenzione dell'arte si sposta verso il primato della natura, che soprattutto Jan Brueghel il Vecchio detto dei Velluti, dipinge con una meticolosa attenzione nel Riposo durante la fuga in Egitto (1602-1605 circa) e nel Paesaggio fluviale con bagnanti (1595-1600 circa).
Con queste opere inizia un percorso di nuova percezione della realtà, nasce lo stupore e il senso del limite umano di fronte alla potenza degli elementi di un mondo minaccioso ma attraente. La grande tela del Paesaggio boschivo con la Vergine, il Bambino, san Giovannino e l'angelo (1645-1650 circa) di Jan Brueghel il Giovane ne è un esempio emblematico.

Terza sezione - Soldati e cacciatori nella luce dell'inverno Trappola per uccelli (1601) è una delle scene più celebri della pittura fiamminga che Pieter Brueghel il Giovane propone con maestria sulla base della prima versione paterna. In una sublime atmosfera invernale, i cacciatori aspettano che gli animali cadano in trappola, mentre uomini, donne e bambini pattinano sul fiume gelato, noncuranti del pericolo. L'idea della caducità della vita è resa in modo magistrale, e questa sezione della mostra racconta gli aspetti più crudi e realistici della quotidianità. Un tema analogo è trattato da Marten van Cleve con il Paesaggio invernale con la strage degli innocenti (1570 circa).
Quarta sezione - Storie di viaggiatori e mercanti
La città di Anversa nel Cinquecento è il fulcro dei commerci, delle spedizioni, dei grandi viaggi. Qui nasce e si consolida una nuova classe borghese, che sfida le imprevedibili rotte commerciali del mare in cerca di ricchezza. La pittura celebra le gesta e le avventure di viaggiatori e mercanti, le loro storie diventano spunto per quadri sempre più apprezzati e diffusi, destinati ad abbellire le case di una committenza colta e attenta alle nuove dinamiche di un mercato nascente. Riscuotono particolare successo le incisioni come Incontro tra viaggiatori di Jan Brueghel il Giovane del 1630 circa.

Quinta sezione - Le allegorie, racconti delle meraviglie
Grandi metafore visive, le allegorie sono un modo molto efficace per rendere visibili e immediatamente comprensibili concetti come l'amore, la guerra, la pace, gli elementi della natura e i sensi umani. Allegoria dell'udito (1645-1650 circa) e Allegoria dell'olfatto (1645-1650 circa) sono dipinti che dimostrano la particolare abilità di Pieter Brueghel il Giovane in questo genere di pittura. Il percorso narrativo della mostra si chiude con una serie di opere dal forte impatto emotivo che completano il percorso artistico e creativo della straordinaria dinastia Brueghel.

Sesta sezione - Splendore e vanità della vita silente
Se è vero che i fiori sono il simbolo dell'armonia e della ricchezza, è anche vero che nascondono sempre l'idea della vanitas, di ciò che non dura perché ogni cosa bella è destinata a perire. E anche nelle grandi nature morte in realtà si percepisce lo scorrere della vita silente, che esiste con discrezione. Il messaggio morale dell'inesorabile scorrere del tempo è evidenziato da dettagli come un frutto più maturo, o una foglia morta. Piccoli segnali della vanità del vivere come se il tempo non ci fosse. Nei Fiori in un cesto e in un vaso d'argilla (1640-1645) Jan Brueghel il Giovane sceglie come vaso un'urna cineraria, come volesse ricordare la meta comune e inesorabile. Di particolare pregio, le piccole composizioni di Natura morta con fiori (1660-1665) e il Vaso di tulipani e dalie (1645-1650 circa) di Ambrosius Brueghel.

Settima sezione - La danza degli ultimi
I Brueghel sono narratori di fatti e di storie. Nelle loro opere c'è il racconto della vita vera, ci sono contadini piegati dalla fatica del vivere, ubriachi, mendicanti, personaggi dipinti solo di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari e indifferenti all'osservatore esterno che guarda il quadro. La Danza nuziale all'aperto del 1610 e la Sposa di Pentecoste di Pieter Brueghel il Giovane (1620-1623) sono opere emblematiche. Ma insieme alle passioni più umili, c'è la varietà della vita, l'esplosione dell'allegria e della festa, il gioco del corteggiamento, i riti matrimoniali e le tradizioni contadine tramandate da generazioni davanti al fuoco durante un banchetto, come nella serie Matrimonio di contadini composta da sei tavole dipinte a olio su rame su tavola di Marten van Cleve.

Il giudizio morale, natura regina, soldati e cacciatori, viaggiatori e mercanti, allegorie e parabole, splendore e vanità, vita silente e danza degli ultimi: attorno a questi gruppi tematici che intitolano le sezioni della mostra si sviluppa il racconto appassionante delle realtà della vita e la meticolosa attenzione con la quale viene descritto il mondo, specchio nel quale riflettersi.






INFO E PRENOTAZIONI T. +39 051-0301015



Pieter Brueghel il Giovane, Danza nuziale allʼaperto, 1610 ca. Olio su tavola, 74,2x94 cm. Collezione privata, U.S.A.

Mostra Cibi e pietanze nel mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia


EXPO E TERRITORI

MOSTRA
Cibi e pietanze nel mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia
Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria
Reggio Calabria - 4/31 ottobre 2015
INAUGURAZIONE
3 ottobre 2015 – ore 18.00

Sabato 3 ottobre 2015, alle ore 18.00, nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, verrà inaugurata la mostra Cibi e pietanze nel mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia.

La mostra promossa dal Segretariato regionale della Calabria nella persona del Segretario dottor Salvatore Patamia in collaborazione con la Regione Calabria - Servizio1 "Programmazione Regionale, Settoriale e Territoriale" – nell'ambito del progetto Dall'Expo ai Territori. Viaggio nelle eccellenze d'Italia: piacere, gusto e salute - collaborazione siglata con apposita convenzione - si propone di trattare il tema del cibo attraverso testimonianze archeologiche ed etnografiche dal territorio calabrese con rimandi all' area mediterranea ed europea.

L'esposizione, ideata e curata da Rossella Agostino, funzionario archeologo del MiBACT e da Francesca Lugli, archeologa e presidente dell'Associazione Italiana di Etnografia, è  un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia che i manufatti archeologici di varie epoche, tipologie e provenienze documentano esaustivamente sia quando sono strettamente funzionali alla mensa ed alla preparazione dei cibi, sia quando, dando loro una valenza simbolica, l'uomo li ha destinati ad altra funzione.

E lungo il percorso espositivo, accompagnati idealmente da personaggi legati direttamente ed indirettamente alla città di Reggio antica come lo scultore Pythagoras di Rhegion o il filosofo Aristotele nella città di Calcide - la città dell'isola Eubea da cui provenivano i fondatori del centro coloniale di Rhegion - si illustra cosa avranno assaporato a tavola insieme ad altri commensali.

E tenuto conto che la cultura e le tradizioni alimentari dei Greci e dei Romani costituiscono ancora oggi buona parte di quelle attuali e che legati al cibo, sono sopravvissuti antichi saperi che affondano talvolta le proprie radici nella notte dei tempi, si è affiancato l'aspetto etnografico riproponendo manufatti e tradizioni ancora in uso non solo nel territorio regionale, ma anche in altri paesi. 

E' il caso della preparazione della colatura di alici di Cetara che con ogni probabilità discende direttamente da quella del garum, salsa molto usata nella cucina romana, o della pesca del polpo negli orci forati delle coste Tunisine, retaggio di una antica tecnica di pesca.

L'allestimento della mostra, curato dal Professor Rosario Brandolino, con un gruppo di lavoro di diverse professionalità, è stato immaginato e creato appositamente per accompagnare il visitatore lungo questo percorso della quotidianità nei secoli evidenziando la complementarietà tra archeologia ed etno-archeologia e come tutti i giorni sotto i nostri occhi si reiterino e si rinnovino
gesti antichi mascherati di modernità.

La mostra Cibi e pietanze nel mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia rimarrà aperta al pubblico fino al 31 ottobre 2015 e potrà essere visitata secondo il seguente orario: 9.00 - 19.00 (tutti i giorni escluso il lunedì) - ingresso gratuito


EXPO E TERRITORI
MOSTRA
Cibi e pietanze nel mondo antico: un viaggio tra quotidiano, rituali ed etnografia
Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria
Reggio Calabria - 4/31 ottobre 2015
INAUGURAZIONE
3 ottobre 2015 – ore 18.00
Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria
Il Segretario Regionale: Salvatore Patamia
Addetto stampa: Silvio Rubens Vivone

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